Erano tre amiche, e di andare al bar non avevano il tempo. Leopolda, Veronica e Francesca, professioniste affermate, mamme, mogli. Eroine moderne, in pratica. Wonder woman de’ noantri. Lo sfondo è quello di una città accogliente e vivibile, Bologna. I loro figli crescono a vista d’occhio, come tutti i bambini e loro, come tre amiche, tre sodali, tre sorelle, si scambiano i vestitini, praticamente nuovi, cercano di vedersi appena possono, condividono sogni e quotidianità.

Finché, le tre amiche che non vanno al bar, si chiedono: ma perché non facciamo qualcosa di più importante? Qualcosa che possa aiutare anche gli altri bambini, quelli in difficoltà. Nasce l’idea di un mercatino solidale, dove vendere i vestitini usati devolvendo il ricavato di volta in volta ad un progetto diverso: dalla costruzione di una scuola in Brasile, a Riacho Grande, all’acquisto di apparecchiature mediche per il Pronto Soccorso pediatrico di Bologna. Il mercatino va alla grande. Una volta, riescono a raccogliere addirittura 58000 euro (per il pronto soccorso pediatrico). Loro continuano a lavorare
, a fare le mamme, le mogli, le wonder woman. E poiché super eroine si nasce, e le donne modestamente lo nacquero, come direbbe Totò, a loro si uniscono altre amiche, poi altre amiche e ancora altre amiche. Professioniste, mamme, casalinghe. Chi è avvocato, chi commercialista, chi disegnatrice, chi addetta alle pubbliche relazioni, chi fa il lavoro duro occupandosi della casa e dei figli.

Un esercito di 40 donne, che invece di ritrovarsi al bar con Gino Paoli, fonda un’associazione di volontariato, Re-Use with  Love (https://www.reusewithlove.org/), vince un bando del Comune di Bologna (che mette a disposizione locale e magazzino) e muore di freddo in una boutique dalle pareti rosa shocking al centro di Bologna (Via Savenella, 13).

Entri e trovi vestiti da bimbo, uomo, donna, sposa, accessori, biancheria, coperte, libri… tutto disposto con ordine, una pulizia da fare invidia a una ditta specializzata. Ma, e qui il sogno diventa in 3D, quel che conta è che tutto è gratis per le famiglie povere che vengono segnalate da servizi sociali, ospedali e centri d’accoglienza.

Una boutique solidale, con cestini di vimini come contenitori, che sprizzano femminilità da ogni giunco, adornati da roselline fai da te… Un giardino poetico, con tavolino e sedie rosa shocking… E poi, sorrisi, sorrisi, sorrisi (ci sarà qualche dentista tra di loro?). Non quelli finti del perbenismo borghese davanti al povero, ma quelli genuini che arrivano dal cuore… di donne che fanno squadra, che pensano agli altri con amore, che mettono a disposizione le loro professionalità e il loro poco tempo libero per costruire una società migliore. E non a chiacchiere, con slogan su Facebook o nei salotti buoni a sorseggiare the (e sono certa che non gli mancherebbe certo l’occasione). Ma nella loro quotidianità, partendo dall’esperienza diretta, coinvolgendo figli (“Che bello mamma, ho venduto tutte le mie cose a quel bambino lì, oggi. Sono contento!) ed educandoli alla solidarietà, facendosi prendere in giro dai mariti (che poi, alla fine, sono i loro primi sostenitori), mettendo la spesa nel sedile posteriore, perché il bagagliaio è tutto strapieno di vestiti (problema con il quale convivo oramai da tempo con serenità… ogni tanto li regalo in mezzo alla strada, per illudermi di avere più spazio).

“Volevamo trascorrere del tempo insieme, ma aiutare gli altri  contemporaneamente. Siamo amiche da una vita”, mi racconta una di loro. E vedo tutta la forza femminile, di chi è abituata a destreggiarsi tra lavoro-figli-spesa-traffico-casa senza perdersi d’animo, incastrando una ceretta mentre scrive un’email importante e presta un orecchio allo sfogo dell’amica.

La boutique è in pieno stile vintage e country chic, cosicché, chi vi entra, abbia la sensazione di fare shopping, non di ricevere beneficenza. Perché lo shopping non è essenziale, ma se il Diavolo veste Prada, all’angioletto una t-shirt di Miu Miu nella vita non si può negare, per una volta.

Quaranta amiche che non vanno al bar. E che il mondo lo cambiano sul serio.

di Isabella Schiavone